lunedì 27 maggio 2013

L'occasione fa il quotidiano...razzista

Tutti a prendersela con Francesca Chaouqui.
La trentenne calabrese emigrata al Nord che, con una descrizione horror che Borghezio non avrebbe immaginato nemmeno nei suoi sogni più soddisfacentemente perversi, ha descritto sul Corriere della Sera una Calabria che non c'è, per commentare l'orrendo femminicidio di Fabiana Luzzi.

Francesca ha espresso un'opinione - a mio modesto avviso delirante - su una questione spinosa: la condizione della donna in Calabria (uguale, credo io, a quella della donna in Italia).

Francesca però è innocente! Non è una sociologa, non è una giornalista e non è un'osservatrice professionista del fenomeno. Io la difendo, la colpa non è sua.

La domanda quindi - per dirla con Totò - sorge spontanea. Perché mai il prestigioso quotidiano di via Solferino pubblica in homepage e senza porre tempo in mezzo la lettera (quantomeno controversa sin dal primo sguardo) di colei che - mi si perdoni - è una illustre sconosciuta?

Non basta la toppa che il CorSera ci mette più tardi, pubblicando l'ottimo intervento dell'illustre collega Biagio Simonetta. Si tratta di un finto contraddittorio.

I responsabili del Corriere online non hanno perso tempo a pubblicare: il buzzurro calabrese con la coppola che picchia la propria donna mentre azzanna un piccantissimo peperoncino, evidentemente, vende. Fa comodo questo stereotipo di trogloditismo perché, come tutti gli stereotipi, semplifica la realtà a chi non vuole - o non può - riflettere.

E' difficile, anche per i miei ben più blasonati colleghi a quanto pare, immaginare un mondo dove nulla è semplice e tutto possiede infinite sfumature, dove l'analisi della cultura dominante (ammesso che sia corretta) non serve per speculare sulle qualità dell'individuo, ma per comprendere i fenomeni sociali.

Il razzismo, è triste a dirsi, vende e funziona bene. Sia quando lo si critica che quando, attivamente o passivamente, latentemente o coscientemente, lo si pratica.

Attenzione! Il razzismo, giova ripeterlo, non è di Francesca. Casomai proviene da altra fonte.

Lo stupratore rumeno, il vu cumprà marocchino, la colf filippina, la badante moldava, il culo brasiliano, Milano-che-puoi-morire-per-strada-e-manco-ti-guarda-nessuno.

Lo stereotipo razzista è redditizio, semplice, pulito, efficace, socialmente accettato.

Specie quando fatto ad arte, cogliendo, al momento propizio, l'occasione favorevole.

Dolo? Non credo. Al CorSera non sono razzisti. O forse non sanno di esserlo.


Piccola postilla:
Sul pezzo di Domenico Naso sul Fatto Quotidiano non scriverò una riga. A mio avviso non merita commenti.

Seconda piccola postilla: Sono calabrese, ho una mamma, una sorella, una fidanzata, decine di cugine e care amiche. Inutile dire che le amo. Tutte. Per il solo fatto, innanzitutto, di essere donne.

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