giovedì 29 agosto 2013

La soluzione a tutti i problemi del Sud (non voglio andarmene!)

Ho trascorso tra Scilla e Cariddi tutta l'estate, una delle più belle della mia vita.
E, come ogni volta che devo andare via, anche oggi m'interrogo sul perché io non possa restare.

Stavolta ho avuto un'epifania. Una intuizione di quelle che cambiano la vita, sconvolgente.
Ho capito per quale motivo esistono e non vengono risolti i problemi della mia città e, quindi, del Sud.

Si, mi rendo conto che è un po' pretenzioso ma vi prego, seguitemi.

Riprendiamo per un attimo l'assioma che si legge nelle prime dieci pagine di tutti i libri di giurisprudenza: il patto tra i consociati.

Per chi non la conosce, la teoria dice questo: un comportamento è lecito quando la comunità lo ritiene tale, e dunque produce una norma che sanziona il comportamento illecito o regola quello lecito. Questo in virtù del fatto che ha una scala di valori chiara, precisa, perlopiù condivisa.

Ora facciamo un piccolo ragionamento di ordine storico: il Sud Italia, comunque la si voglia vedere, è stato sballotato e trascinato negli eventi storici degli ultimi 150 anni. Risultato? La scala assiologica (quella dei valori) si è sballata, il vecchio ha resistito, il nuovo è stato imposto e non assorbito, eccetera.

Un vero casino, insomma.

Adesso entriamo nello psicologico (grave).

Questo sballamento di scala valoriale, sfalzamento di valori e sanzioni, questo patto sociale effimero, ha prodotto una falsa sensazione nella mente dell'uomo del Sud: quella che i problemi della propria terra siano una situazione emergenziale.

Ecco, quello che ho capito oggi è questo: non è un'emergenza, il problema è strutturale.

In poche parole siamo in una fase pre-politica, in cui sostanzialmente dobbiamo guardarci dentro, individualmente e come società, e decidere - serenamente - che cosa è giusto e che cosa è sbagliato.

Risolvere strutturalmente il nostro conflitto interiore.

Il problema del ragionamento opposto, quello del problema esterno-emergenziale, è che la soluzione, per la natura stessa della percezione del problema, deve essere per forza semplice.

E, santiddio non mi stancherò mai di dirlo, non esistono soluzioni semplici a problemi complessi.

In pratica, la soluzione è complessa quanto il nostro Io individuale e collettivo, e va aggiustato prima quello.

Il problema è paragonabile a una patologia come la depressione.

Una malattia curabile, ma solo a partire dalla scomposizione e ricomposizione della percezione del mondo (interiore ed esteriore). Se si crede che la causa della depressione sia il lutto, l'incidente ecc. ecc., ci si sbaglia inevitabilmente. Il problema è psicologico, strutturale.

Ho detto.

Volevo soltanto condividere con voi questa perla di onanismo intellettuale, senza pretese.