La piazza è piena di gente, proprio quella piazza. Una piazza storica, una piazza rappresentativa. Sul palco sta per salire il liberatore del popolo, l'azzeratore delle complicazioni, il risolutore Beppe Grillo. Solo che il profeta crede di non aver bisogno di cantori, si tuffa tra la folla beota come Mao nel fiume giallo. E caccia i cronisti dal palco, calpesta l'articolo 21 della Costituzione, quella che dice di voler difendere. Bravo.
Bravo perchè ha saputo costruire attorno a sè un impianto ideologico che lo rende immune alla critica e impermeabile alle domande, bravo perchè riesce a far passare per un grande sforzo di libertà una censura grossa come una casa.
L'ultimo che ci era riuscito era il caro vecchio Berlusca: se l'economia va male è colpa della Cancelliera, se la giustizia va male è colpa delle toghe rosse, se si fanno domande (non solo scomode) si è comunisti.
A Grillo manca ancora l'opposizione antisistemica legalizzata (nel caso di Silvio magistralmente rappresentata da Michele Santoro) ma anche quella non tarderà ad arrivare.
È una serata triste per l'Italia, ma anche una di quelle esperienze che svelano una realtà psicanalitica di massa che fino ad oggi era recondita ma adesso appare chiara. Una catarsi.
Il torto vero degli italiani non è l'errore ma il fatto di non imparare mai nulla da quello precedente. Buon divertimento.
Mi permetto di consigliare a tutti una riflessione su questa frase di Albert Einstein: "Everything should be made as simple as possible, but not simpler".